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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Meno del 10% degli aiuti Ue raggiunge i Paesi più poveri del mondo

Lo denuncia un report della Ong Concord che afferma anche che i contributi di molti Stati membri sono in diminuzione, con l'Italia dell' “aiutiamoli a casa loro” che addirittura fa segnare un meno 10%

L'Unione europea è il principale donatore a livello mondiale verso i Paesi in via di sviluppo, eppure solo meno del 10% dei fondi stanziati raggiunge i Paesi che più ne avrebbero bisogno.

Il report

A denunciarlo la Ong Concord, nel suo report AidWatch report, che nota tra l'altro che nonostante l'Ue e i suoi Stati membri abbiano investito 71,9 miliardi di euro nel 2018, oltre la metà degli aiuti globali, il suo contributo è stato del 5,8% inferiore rispetto all'anno precedente.

Obiettivi disattesi

Come racconta il Guardian i progressi compiuti per raggiungere l'obiettivo delle Nazioni Unite, stabilito nel 1970, di spendere lo 0,7% del reddito nazionale lordo in aiuti, questi sono invece scesi allo 0,47% dell'RNL combinato dell'Ue lo scorso anno, rispetto allo 0,49% nel 2017 e allo 0,51% nel 2016. Solo Svezia, Lussemburgo, Danimarca e Regno Unito hanno rispettato l'impegno dello 0,7% metre gli aiuti provenienti da cinque paesi, tra cui figura l'Italia insieme a Grecia, Finlandia, Austria e Lituania, sono diminuiti del 10%. “Ci stiamo allontanando ulteriormente dall'agenda 2030” per lo sviluppo sostenibile, ha dichiarato Luca De Fraia di ActionAid Italia, secondo cui “non solo stiamo mancando l'obiettivo in termini di quantità, ma anche la qualità degli aiuti è carente”.

Aiutiamoli a casa loro?

La frase “aiutiamoli a casa loro” dimostra essere più che mai retorica visto che nonostante un aumento marginale degli aiuti destinati ai paesi meno sviluppati (dallo 0,11% nel 2017 allo 0,12% nel 2018), AidWatch ha rilevato che 16 Paesi tra i più poveri del mondo, quelli da cui partono i maggiori flussi migratori, ricevono attualmente solo l'8% dei finanziamenti dell'Ue. In diminuzione del 25% sono anche i cosiddetti “aiuti gonfiati”, quelli che cioè non contribuiscono direttamente a progetti nei Paesi in via di sviluppo, con le spese per la gestione dei rifugiati diminuite del 35% e il sostegno alla riduzione del debito diminuito del 66%.

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