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Giovedì, 25 Aprile 2024
Ambiente

"La plastica italiana inquina la Malesia violando le norme Ue"

La denuncia di Greenpeace: nel 2019, almeno 1.300 tonnellate di rifiuti destinati al riciclo sono state spedite illegalmente nel Paese asiatico, finendo in discariche non autorizzate con danni per ambiente e salute umana.

Almeno 1.300 tonnellate di plastica proveniente dalla raccolta differenziata degli italiani fiscono in realtà per essere bruciate in discariche non autorizzate in Malesia. Dano vita a una sorta di "Terra dei fuochi" asiatica. Il tutto in palese violazione delle norme dell'Unione europea. E' quanto denuncia Greenpeace sulla scorta di una inchiesta di un team di giornalsti investigativi.

7mila tonnellate in 9 mesi

In base ai dati ufficiali, nei primi 9 mesi del 2019, l'Italia ha spedito in Malesia circa 7mila tonnellate di rifiuti di plastica. Dopo che nel gennaio 2018 la Cina ha deciso di chiudere progressivamente all'import di plastica dall'estero, in particolare dall'Unione europea, Kuala Lumpur è diventata tra le mete preferite della plastica in eccesso smaltita dai Paesi Ue. Dopo la Germania, l'Italia è il secondo Stato membro per export di rifiuti di plastica. In base alla legislazione Ue, tale export è consentito solo a patto che la plastica sia riciclabile e che i Paesi di destinazione abbiano impianti di riciclaggio in linea con gli standard ambientali e tecnici richiesti agli impianti di trattamento in Europa.

La Terra dei fuochi malese

Ebbene, secondo quanto scoperto da Greenpeace, circa un quinto delle tonnellate inviate in Malesia (1.300) sono finite in discariche prive di permessi per il riciclaggio. I giornalisti investigativi hanno trovato prove che questi rifiuti vengono abbandonati illegalmente nel suolo e bruciati, con gravi danni ad ambiente e salute umana. "Test effettuati su campioni di acqua e suolo vicino ai cumuli di plastica scartata - scrive il Guardian - hanno mostrato un livello allarmante di contaminazione, mentre i medici hanno affermato che le malattie respiratorie sono aumentate nei villaggi che ospitano fabbriche illegali".

YB Tuan Ng Sze Han, un politico dello stato malese di Selangor, ha dichiarato a Greenpeace che il contenuto delle spedizioni in arrivo nel Paese raramente corrispondeva a quanto dichiarato in dogana. "Solo circa il 20 o il 30% può essere riciclato", ha detto. “Il resto deve essere scartato, causando enormi problemi e inquinamento. La maggior parte degli occidentali non ne è a conoscenza. Pensano che i loro Paesi stiano facendo un ottimo lavoro di riciclaggio; peccato che non sia affatto così".

L’export italiano e globale di rifiuti

Quanto sta succedendo in Malesia potrebbe essere la punta dell'iceberg di un fenomeno ben più vasto, che non riguarda solo il Paese asiatico e l'Italia. Nel 2019, la prima meta dell'export di rifiuti di plastica italiani è stata la Turchia e anche li' ci sono seri dubbi sull'effettivo riciclaggio. "Di fronte a questa situazione - scrive Greenpeace - il governo italiano non può più continuare a chiudere gli occhi, ma deve assumersi le proprie responsabilità e intervenire subito per porre fine a questi traffici illeciti di rifiuti". L’esportazione "dovrebbe essere l’ultima ratio, una società tecnologicamente avanzata deve essere in grado di gestire i propri scarti - aggiunge Paola Ficco, giurista ambientale e avvocatessa - Se non lo è, deve interrogarsi seriamente su quello che sta facendo", conclude.

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