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Martedì, 16 Aprile 2024
Ambiente

Italia fuori dal carbone entro il 2025? Si puo' e si risparmierebbe fino a 1 miliardo l'anno

Secondo una ricerca di REF-E commissionata dal Wwf: "Governo assuma decisione netta e concreta". Il Belgio lo ha già fatto dal 2016. La Francia lo ha previsto nel 2022.

Uscire dal carbone entro il 2025? Impresa difficile, ma possibile. Almeno stando allo studio commissionato da Wwf Italia a REF-E, i cui risulati sono stati pubblicati oggi.  

Molti paesi europei, dalla Francia (2022) alla Gran Bretagna (2025) hanno deciso di uscire dal carbone. Il Belgio lo ha già fatto dal 2016. L’Olanda lo ha previsto dal 2030 nell’accordo della coalizione di governo. Finlandia, Portogallo, Irlanda, Austria, Svezia e Danimarca stanno decidendo di uscire dal carbone entro il 2025.

“L’Italia – scrive il Wwf - la cui quota di carbone pesa relativamente poco in termini di elettricità prodotta (varia negli anni tra il 12 e il 16%), ma pesa molto per l’inquinamento e le emissioni climalteranti (40% circa delle emissioni del settore elettrico) può quindi assumere una decisione netta e concreta, degna di uno dei paesi fondatori della Ue. Questo influirà positivamente anche sui paesi maggiormente dipendenti dal carbone, dalla Germania alla Polonia”. Proprio in questi giorni, l'Italia dovrebbe definire la versione finale della Strategia energetica nazionale, che si deve allineari agli accordi sottoscritti a Parigi nel quadro della Cop21 sul cambiamento climatico.

Lo scenario senza carbone

Il Wwf  ha chiesto agli analisti di REF-E (istituto di ricerche di economia e regolazione dell'energia con sede a Milano) di verificare, partendo dallo scenario delineato dalla Strategia energetica italiana, le condizioni che permettano il phase‐out dal carbone entro il 2025, riducendo i nuovi investimenti in infrastrutture di combustibili fossili. I risultati ne “hanno evidenziato la fattibilità senza incrementare la capacità a gas e considerando lo sviluppo di accumuli, la partecipazione attiva della domanda ai mercati ed il potenziamento dell’infrastruttura di rete”.

In sostanza, è possibile uscire dal carbone puntando sull'efficienza energetica e lo sviluppo tecnologico. Certo, sottolinea lo studio, nel breve periodo si assisterebbe a un aumento “limitato” dei prezzi finali dell’energia elettrica. Aumento che pero' verrebbe compensato “negli anni successivi” grazie all’effetto combinato “delle previsioni di prezzo dei permessi di emissione ai sensi della direttiva europea” sullo scambio di emissioni e il maggiore utilizzo di fonti rinnovabili. 

Risparmi fino a 1 miliardo all'anno 

Se i consumatori dovranno aspettare un po' di più per vedere benefici sulle proprie bollette, le casse dello Stato potranno trarre giovamento dallo scenario di stop al carbone già entro il 2025, grazie a una riduzione del costo complessivo degli approvvigionamenti fossili e di copertura dei diritti di emissione pari a circa 0,6 miliardi di euro. Risparmio che crescerebbe a 1 miliardo di euro l’anno al 2030. Tra il 2025 e il 2030, si legge sempre nello studio, l'Italia potrebbe risparmiare altri 2,5 miliardi grazie al mancato acquisto di permessi di emissione. 

Lo scenario delineato in questo studio, poi, “non pone problematiche significative in termini di adeguatezza del sistema elettrico. La copertura del fabbisogno potrebbe essere garantita con standard accettabili includendo lo sviluppo di 1000 megawatt di accumuli e la partecipazione attiva della domanda alla fornitura di servizi di flessibilità al sistema ed assumendo, oltre al potenziamento della rete di trasmissione come previsto dal Piano di Sviluppo di Terna al 2025, il raddoppio del cavo Sardegna-Italia”. 

Nello specifico degli approvvigionamenti della Sardegna, “lo scenario prevede la copertura del fabbisogno dell’isola con un incremento dei contributi da fonti rinnovabili, il potenziamento dei collegamenti con il continente per ulteriori 1000 MW e l’installazione di almeno 250 MW degli accumuli previsti a livello nazionale (1 GW). Lo scenario non contempla il ricorso a centrali a gas naturale e lo sviluppo della relativa infrastruttura”.

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