rotate-mobile
Lunedì, 15 Aprile 2024
Ambiente

"Altro che stop al fossile, da Ue 29 miliardi al gas. Tap compreso"

La denuncia in un report. Il Parlamento europeo dovrà dare o meno il via libera a 32 progetti infastrutturali per il potenziamento della rete di gasdotti proposti dalla Commissione. Di questi, 3 riguardano l'Italia: "Potrebbe farne a meno"

Su un punto sono (quasi) tutti d'accordo: un giorno bisognerà dire addio al gas nell'Unione europea. Il problema è quando. Per gli ambientalisti il momento è adesso. L'Italia e altri Paesi, invece, stanno spingendo per allontanare il più possibile questa data. Sostenuti anche dalla Commissione europea che con la sua quarta lista di Progetti di interesse comune (i Pic), ossia l'elenco delle opere da inserire in una sorta di via prioritaria di finanziamento, potrebbe destinare nei prossimi anni ben 29 miliardi di euro per alimentare il potenziamento della rete dei gasdotti. Tra cui i 'nostri' Tap, Poseidon e il collegamento Italia-Malta. Opere che, secondo diverse ong ambientaliste europee, non sono compatibili con un’Europa che intende raggiungere le zero emissioni entro il 2050, l'obiettivo cardine intorno a cui ruota il Green Deal da poco varato dal nuovo esecutivo Ue di Ursula von der Leyen.

"Dire addio al gas è possibile"

La denuncia delle ong ambientaliste si basa su due presupposti. Il primo è quello strettamente climatico: finanziare il gas, secondo il think tank E3G, è una palese "contraddizione" con gli obiettivi del Green Deal. "La decisione di espandere le infrastrutture del gas dell'Ue - spiega - è anche in diretta contraddizione con le proiezioni della Commissione europea che stimano che il raggiungimento degli obiettivi climatici ed energetici per il 2030 porterà a una riduzione del gas fossile del 29% e con la completa eliminazione del gas fossile “unabated” (ovvero senza CCS, le tecnologia che servono per la cattura e lo stoccaggio, ndr) entro il 2050, necessaria per raggiungere gli obiettivi climatici a lungo termine dell'Unione europea".

Il secondo motivo di critica riguarda l'utilità di queste infrastrutture: stando a un rapporto condotto dalla società Artelys, un’azienda indipendente che realizza modelli economici e matematici, "l'Ue non ha bisogno di nuove infrastrutture di gas fossile per salvaguardare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico". Stando allo studio, le infrastrutture di gas che abbiamo al momento sono già in grado di soddisfare a pieno la futura domanda di gas nell'Ue. Anche nel caso in cui si dovesse verificare un caso estremo di interruzione nell'approvvigionamento di gas in futuro (per esempio, l’Italia e gli altri Paesi europei non potessero importare gas da altri Paesi per un anno), le infrastrutture che abbiamo al momento sarebbe sufficienti a garantirci la quantità di energia che ci serve.

La posizione dell'Ue

Di diverso avviso, invece, la Commissione europea: prima di passare lo scettro a von der Leyen, infatti, l'esecutivo di Jean-Claude Juncker ha varato la quarta lista di Pic, al cui interno erano compresi 32 progetti per le infrastrutture relative al gas. Si tratta di "infrastrutture che possono avere una durata di 60 anni o più", spiegano le ong. Questa lista ha avuto una doppia importanza per i Paesi e le lobby che hanno forti interessi sul gas: inserendoli tra i Pic, potranno ricevere i fondi della nuova programmazione del bilancio comune europeo per il periodo 2021-2027. E aggirare lo stop ai finanziamenti ai fossili deciso qualche mese fa dalla Bei, la Banca europea per gli investimenti, per i nuovi progetti varati su gas e petrolio varati a partire dal 2022. La Bei aveva in un primo momento ipotizzato lo stop immediato a tali finanziamenti, ma proprio l'opposizione di alcuni Paesi (l'Italia è tra i maggiori azionisti della banca) e della stessa Commissione ha fatto posticipare la misura. Salvando di fatto i 32 Pic della lista. A sancire questo salvataggio, poi, è arrivato l'accordo tra gli Stati Ue sulla cosiddetta tassonomia, ossia il regolamento che stabilisce quali fonti escludere dal Green Deal: il gas, in questa tassonomia, viene considerato una fonte di transizione, e quindi utile al passaggio verso un'economia a zero emissioni.

"La transizione verso la neutralità climatica sarà basata su un ampio range di fonti energetiche e di tecnologie - spiega un portavoce della Commissione - Nel quadro della transizione il gas resta un carburante importante, ma il principale focus per il sostegno da parte del bilancio Ue sarà per soluzioni non impattanti per il clima, inclusi gas non carbonizzati come l'idrogeno. I gas a basso o nullo tenore di carbonio, come l'idrogeno, il biogas e i gas sintetici dovranno progressivamente rimpiazzare il gas naturale. Le infrastrutture nelle quali investiamo e che costruiamo per il futuro sono pronte a sostenere anche queste fonti", conclude.

L'Italia e la dipendenza dal gas

Vero o meno, fatto sta che per l'Italia l'ok alla lista Pic significa poter continuare a ricevere importanti finanziamenti per tre opere considerate, in modo abbastanza trasversale nel nostro panorama politico, strategiche: i gasdotti Tap, Poseidon e quello con Malta. Eppure, stando sempre al rapporto di Artelys, il nostro Paese potrebbe fare a meno di questi progetti: l’Italia, infatti, importa principalmente il gas da Russia e Algeria. Il legame con la Russia è quello che più preoccupa Bruxelles, ed è il motivo per cui l'Ue ha di fatto sostenuto la costruzione di gasdotti che consentano rifornimenti alternativi a Mosca, come il Tap per l'appunto. Per gli autori del rapporto, pero', questo argomento non è valido: in caso di mancati approvvigionamenti da Russia o Algeria, l’Italia ha già abbastanza modi al momento per assicurarsi il gas da altri Paesi senza aver bisogno di Tap o di altri gasdotti. “Nel caso di un’eventuale interruzione nella fornitura del gas dall’Algeria - scrive il rapporto - l'Italia, riuscirebbe a compensare la perdita della fornitura di gas aumentando le importazioni dall'Austria e dalla Svizzera". L'Austria aumenterebbe le sue esportazioni verso l'Italia di 120 TWh ("On Track", ovvero in uno scenario in cui la domanda del gas è allineata con gli obiettivi climatici ed energetici dell’Ue per il 2030, quindi si tratta di una riduzione del gas del 29%) o 203 TWh ("High Demand", ovvero i livelli attuali di domanda del gas sono stabili fino al 2030).

Secondo lo studio "Più pulita, intelligente e conveniente: come cogliere le opportunità della transizione energetica in Europa” realizzato dalla European climate foundation, poi, la dipendenza dal gas del nostro Paese sarebbe ulteriormente ridotta con un investimento maggiore nelle rinnovabili: "L’Italia può raggiungere l’obiettivo più ambizioso del 59% di quota di rinnovabili nel consumo interno di elettricità entro il 2030 rispetto all’obiettivo di riferimento del 55% indicato dalla Strategia energetica nazionale - si legge - Il costo ridotto della tecnologia fotovoltaica è il fattore cruciale. L’efficienza elettrica insieme a una coordinata strategia europea per la promozione delle energie rinnovabili rendono tale obiettivo raggiungibile".

Ambizioni che, con l'ok definitivo ai nuovi Pic, verrebbero annacquate, secondo le ong. Ecco perché gli ambientalisti stanno cercando di fare pressioni sui deputati del Parlamento europeo che già questa settimana, in commissione ITRE, dovranno decidere se dare o meno il via libera a questi progetti.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

"Altro che stop al fossile, da Ue 29 miliardi al gas. Tap compreso"

Today è in caricamento